Si tratta di Antonino Schimizzi, fratello di uno degli arrestati, Davide Schimizzi, agente della polizia di stato in servizio a Monza che adesso è accusato di violenza sessuale. Oltre a lui, i pm hanno iscritto nel registro degli indagati anche l’infermiere Giacomo Iachino, il cui nome compare in una vecchia indagine (non era indagato, ndr) perché intercettato con soggetti vicini alla cosca Iamonte
C’è anche un poliziotto indagato nell’inchiesta “Ricatto” nell’ambito della quale la procura della Repubblica di Reggio Calabria ha arrestato gli otto componenti del “branco” (guidato dal rampollo della cosca Iamonte) che per oltre due anni hanno abusato di una minorenne a Melito Porto Salvo.
Si tratta di Antonino Schimizzi, fratello di uno degli arrestati, Davide Schimizzi, agente della polizia di stato in servizio a Monza che adesso è accusato di violenza sessuale. Oltre a lui, i pm hanno iscritto nel registro degli indagati un infermiere,Giacomo Iachino, il cui nome compare in una vecchia indagine (non era indagato, ndr) perché intercettato con soggetti vicini alla cosca Iamonte.
Ritornando alla figura del poliziotto, secondo la ricostruzione dei carabinieri, anche Antonino Schimizzi ha avuto un rapporto con la tredicenne. Un rapporto che, anche è stato definito consenziente dalla stessa vittima consenziente (“non faceva parte del ricatto”), prefigura comunque un reato in quanto la ragazza era minorenne.
“C’è stato però non faceva parte di questo ricatto. – ha fatto mettere a verbale la ragazza – Però ci siamo sentiti, cosìmessaggiato e poi ci siamo visti… È stata una cosa… voluta da me e in parte anche da lui nel senso da me in base al fatto che… dopo questi ricatti, queste cose che erano successe io non avevo più stima in me stessa. Diciamo sempre sono una merda, sono cose così”.
Implacabili, sul punto, le considerazioni fatte dal gip Barbara Bennato che firmato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del fratello del poliziotto e degli altri componenti del branco: “La giovane parla di consenso, ma la sua volontà giàacerba ed incompleta per età e condizione evolutiva, era fortemente viziata e mutilata da una condizione di disistima e di disprezzo per la propria persona e di totale svilimento del proprio corpo che, invece di prepararsi gioiosamente e correttamente a vivere in pieno la propria femminilità era stato ridotto (non da lei, ma da un manipolo di balordi) ad oggetto da usare al soddisfacimento dei propri brutali e patologici istinti sessuali. Se tuttavia non vi sono elementi per collocare il rapporto sessuale quando la ragazza era infraquattordicenne, né per ritenere che la stessa fosse stata comunque costretta a consumarlo, non vi è dubbio che Antonino Schimizzi, vi è più a cagione della professione di poliziotto, fosse pienamente a conoscenza degli abusi subiti dalla minore”.
In attesa che si chiarisca la posizione di Antonino Schimizzi, nei confronti del poliziotto in servizio in Lombardia sono state avviate le procedure per un provvedimento disciplinare. Per lui potrebbe scattare anche il favoreggiamento visto che, nell’ordinanza di custodia cautelare, sono state inserite alcune intercettazioni in cui l’agente Schimizzi dà consigli al fratello Davide per eludere le indagini dei carabinieri. Quest’ultimo, infatti, si era rivolto a metà gennaio al fratello poliziotto per sapere come comportarsi in caso di convocazione in caserma: “Ehm…sentimi qua, ti ricordi quel fatto? Quel fatto di quella ragazza a Melito?… Gli altri li hanno chiamati al telefono e poi sono andati la? E gli hanno domandato se è vero, se fa che fa, che ha fatto, che non ha fatto che sono stati denunciati, tipi e tapt…”.
“Si vabbè, può andare avanti con quello che vuole. – è stata la risposta dell’agente – Allora tu in ogni qualsiasi caso ti chiamano, tu vai e dici io non mi ricordo niente! Perché no! Gli devi dire che quando mi chiamate in giudizio poi ne parliamo, adesso a titolo informativo non vi dico niente! E scrivete quello che volete! Non ho nulla da dichiarare! Esattamente così! Così gli devi dire! Davide non fare u stortu, così gli devi dire, perché altrimenti ti fanno fare, ehm ti danno un’altra cosa, tu non gli dire niente, perché se gli dici qualcosa fanno un’altra cosa loro, capito? E poi rompono i coglioni!”.
“Quella cosa”, altro non era che un provvedimento di arresto e tutti i problemi giudiziari che ne sarebbero seguiti. Ed è proprio per questo che il poliziotto aveva indicato la strategia difensiva: “Quindi allora, tu non gli devi dire niente! Basta. Tu che cosa eh mmm guardate vi dico la verità non mi ricordo! E come fai a non ricordare? Ehm sono stato con tante ragazze ed è successo troppo tempo fa!”.